Cresce a ritmi sostenuti l’export padovano nella terra dei canguri. Nel ’99 esportazioni per 88 miliardi: dalle sedie in stile alle attrezzature per parchi divertimenti ai liquori
AUSTRALIA, AUMENTA L’EXPORT PADOVANO
VERSO IL PAESE DELLE OLIMPIADI
Da Luxardo a Varisco Pompe: una quindicina le aziende padovane sulla rotta di Sidney
(Padova – 20.09.2000) – Padova ha già vinto i suoi “allori olimpici”. Sono una quindicina le aziende associate ad Unindustria Padova, che intrattengono rapporti commerciali con l’Australia, fornendo materiali di tutti i tipi: dalle pompe idrauliche alle macchine per la produzione di manufatti in calcestruzzo, dagli arredamenti in stile ai parchi divertimenti, fino ai liquori.
Pionieri sulla “pista dei canguri”, un mercato che può risultare interessante per le aziende di casa nostra, che dispongono di prodotti e tecnologie interessanti per l’area, caratterizzata da indicatori economici positivi e dalla possibilità di disporre di un “serbatoio” di contatti notevoli, per la presenza dei discendenti degli immigrati italiani. Il tutto su un mercato non rilevantissimo in termini assoluti, ma comunque molto promettente per gli alti tassi di crescita che il nostro export ha registrato negli ultimi anni.
Sono le indicazioni che aprono oggi, mercoledì 20 settembre, il convegno “Fare affari in Australia”, organizzato da Unindustria Padova, attraverso il suo consorzio Uniexport, proprio per dare uno spaccato del mercato australiano e delle sue opportunità, in concomitanza con Sidney 2000, e per porre le basi della missione economica che Confindustria svolgerà in Australia il prossimo mese di novembre.
EXPORT IN AUSTRALIA: PER PADOVA UN PICCOLO BOOM. L’interscambio Italia-Australia – secondo dati di Austrade, l’Ente australiano per la promozione degli investimenti in quel Paese - vale già oggi 5mila miliardi di lire l’anno, pari al 2.4% dell’interscambio australiano, che fa dell’Italia l’11esimo partner commerciale. Le importazioni australiane dall’Italia equivalgono a 3.620 miliardi, il 3% del totale dell’import australiano.
E Padova? La rotta verso l’Australia, secondo i dati della Camera di Commercio di Padova, è la 23esima per importanza e vale un export di oltre 88 miliardi nel ’99. Valori assoluti magari lontani da quelli di Germania, Francia e Stati Uniti. E tuttavia interessanti per la forte accelerazione messa a segno negli ultimi anni. L’export padovano verso l’Australia è passato dai 63 miliardi nel 1996, ai 68 del ’97 (+9%), ai 75 del ’98 (+10%), agli 88 miliardi del 99 (+16%). Con questo risultato, l’Australia si è piazzata l’anno scorso al 15esimo posto per incremento percentuale dell’export padovano, al 12esimo nella classifica dei migliori saldi commerciali (le esportazioni superano le importazioni di 56 miliardi).
I risultati migliorano ulteriormente nello specifico di alcuni settori. Come la meccanica, che con 43,5 miliardi di valore, ha realizzato da sola nel ’99 il 50% dell’export padovano verso l’Australia. Il valore delle esportazioni meccaniche nel ’99 è cresciuto del 9.8%, dopo un ’98 che aveva già messo a segno un rilevante +27.4%. Per la meccanica padovana, l’Australia rappresenta la 13esima direttrice dell’export, con l’1.6% in valore.
Tutto ciò nel quadro di un’area di soli 18 milioni di abitanti, ma che può contare su una stabilità politica invidiabile per l’Asia-Pacifico, su un quadro economico favorevole (crescita del Pil del 4.8% nel ’99 e previsione superiore al 3% nel 2000 ed anni successivi, inflazione al 2.5%, disoccupazione al 7.3), su una scolarizzazione elevata e su costo del lavoro, di materie prime e di energia più conveniente rispetto ad altri Paesi come il Giappone.
LE OLIMPIADI VETRINA PER LE POMPE IDRAULICHE. Ed oggi il palcoscenico delle Olimpiadi, aperto su 198 Paesi. Che ha fatto chiudere qualche “affare-vetrina” anche ad aziende padovane, come la DAB Pumps di Mestrino, costruttrice di elettropompe (145 miliardi di fatturato previsto nel 2000, con 60 di export solo nei Paesi dell’Unione europea): una decina dei suoi modelli sono finiti in una commessa per il villaggio olimpico di Sidney. Una “ciliegina sulla torta”, rispetto ad un rapporto con il mercato australiano che funziona ormai da dodici anni, e che oggi vale 4 miliardi di esportazioni l’anno.
Ma anche l’altra importante azienda di elettropompe padovana, la Varisco Pompe di Padova (120 dipendenti; 32 miliardi di fatturato, per il 42% all’estero) è presente in Australia da ben 16 anni, con un giro d’affari pari al 3% delle proprie esportazioni. “Le caratteristiche del prodotto italiano, tecnologia avanzata a prezzi convenienti, sono favorevoli anche sul mercato australiano – spiega Andrea Walker, direttore commerciale estero di Varisco Pompe –. Vedo come settori interessanti le costruzioni e la depurazione”.
Costruzioni e meccanica, dunque, offrono spazi. E uno spazio interessante lo ha ricavato, ad esempio, la Rossetto di Teolo, una piccola azienda (20 dipendenti con 3 miliardi di fatturato) che costruisce macchine per la produzione di manufatti in calcestruzzo per l’edilizia e l’arredamento urbano (pozzetti stradali, cordoli per marciapiedi, anelli fognari, ecc.). Si tratta di macchine all’avanguardia, già esportate in Europa (Spagna, Svizzera, Belgio, Gran Bretagna, Francia, Germania, Olanda) e che da un anno sono entrate anche in Australia.
“Il nostro settore laggiù sta vivendo una fase di rinnovamento tecnologico – spiega Fabio Marcato, uno dei soci –. Stiamo cercando di far capire il vantaggio di investire nei nostri macchinari, per passare da una produzione artigianale ad una industriale. I risultati si hanno sia nella qualità del prodotto, sia nella riduzione - il rapporto è 1 a 5 - del personale impiegato”. Ma chi può pensare di attrezzarsi per esportare in Australia? “E’ un Paese con un territorio vasto e distanze enormi – aggiunge Marcato – ma che può costituire una buona opportunità per tutti i settori della meccanica e delle macchine, per l’alimentare ed il calzaturiero. Loro importano da Stati Uniti, Giappone, Germania e anche Finlandia: la nostra tecnologia a prezzi più competitivi può essere un ottimo atout”.
LE ESPERIENZE DI CASALE DI SCODOSIA: GIOSTRE E SEDIE. E per meccanica si può intendere anche le attrazioni per i parchi divertimenti. Così in Australia sta muovendo i primi passi la Sbf di Casale di Scodosia (20 miliardi di fatturato con 65 dipendenti), che, dopo aver piazzato attrazioni da Gardaland a Mirabilandia, fino al Prater di Vienna, si sta ora interessando a quest’area. “Siamo stati ad una fiera sei mesi fa – spiega il responsabile vendite, Augusto De Santi – il nostro prodotto sembra molto promettente. L’Australia ha forti legami commerciali con Stati Uniti e Gran Bretagna, ma noi possiamo puntare sull’apprezzamento verso il design italiano e sulla rivalutazione della sterlina”.
Ma anche fuori dalla meccanica c’è spazio per gli affari. Magari puntando sul rapporto con gli italiani di seconda e terza generazione. “In Australia il mercato dell’arredamento è in effetti nelle mani di distributori italo-australiani”, commenta Biagio Faggion, uno dei titolari della Sedital di Casale di Scodosia, che produce arredamenti in stile (10 miliardi, con 50 dipendenti). Italo-australiani importanti anche come target di mercato, visto che sono gli acquirenti della produzione in stile dell’azienda padovana, che vende in Australia il 5% del fatturato. “Il rapporto va avanti da 15 anni in modo stabile. Il nostro prodotto va incontro, per design e qualità, ad una precisa nicchia di mercato”.
IL MADE IN ITALY NELL’ALIMENTARE. Senza contare, infine, il ruolo che il made in Italy può avere in Australia nell’alimentare, dove il gusto italiano sta trovando un favore sempre più allargato. Lo sa bene la Luxardo di Torreglia (115 miliardi di fatturato con 30 dipendenti), lo storico marchio padovano dei liquori, presente in Australia da 45 anni.
Anche qui un rapporto nato fra italiani. “Era un italo-australiano il nostro primo importatore, che conosceva i nostri prodotti”, spiega Franco Luxardo, export manager dell’azienda. Per Luxardo, che esporta la metà della produzione, l’Australia vale il 5% del fatturato. “E’ un mercato piccolo, che si può prendere in considerazione dopo altri. Nel nostro settore bisogna fare attenzione alla dura lotta tra importatori, per la maggior parte di origine italiana, per contendersi la distribuzione delle marche estere. Però il made in Italy nell’alimentare incontra sempre più favore - va molto, ad esempio, la sambuca -. Prioritario, vista l’ampiezza del territorio, è affidarsi a più di un distributore”.
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