Comunicato Stampa

    “Il mio futuro nella chimica” In scena a Padova la giornata di orientamento promossa da Unindustria, Federchimica e Università di Padova. Davanti a 400 giovani da tutto il Veneto uno “strip tease” per scoprire quanta chimica c’è nella vita di ogni giorno e quante sono le opportunità d’impiego

    L’ALLARME DELLA CHIMICA: MANCANO NEOLAUREATI

    Il professor Gennaro: “Diminuiscono gli iscritti, ma l’industria continua a chiedere laureati”. Per chi ha il titolo in tasca lavoro assicurato entro tre mesi

    (Padova - 09.05.2002) - Ogni anno servirebbero 60 nuovi laureati in chimica solo a Padova, per soddisfare le richieste del settore. Ma l’Università di Padova ne “licenzia” poco più di 90 per tutto il Veneto (compresi i fuori sede). E così la chimica fa lo “strip”. Con una esibizione informale, quasi impertinente, che mette da parte i camici bianchi per parlare a 400 giovani dell’ultimo anno delle superiori di Padova, Treviso, Vicenza e Rovigo ed aiutarli a scoprire la chimica e le opportunità che offre. In che modo? Mettendo “a nudo”, tra moto roboanti e telefonini che trillano in sala, jeans alla moda ed occhiali griffati, quanta chimica c’è nella vita di ogni giorno e negli oggetti di uso quotidiano.
    E’ “IL MIO FUTURO NELLA CHIMICA”, la giornata di orientamento inventata da Unindustria Padova e da Federchimica, la federazione nazionale dell’industria chimica di Confindustria, svoltasi oggi, giovedì 9 maggio, in sala Carraresi della Fiera di Padova, in collaborazione con i corsi di laurea di area chimica dell’Università e con la Camera di Commercio di Padova.
    L’originale kermesse, condotta dalla giornalista Francesca Trevisi, si è svolta in due tempi. Prima i docenti dell’Università di Padova (Andrea Tapparo, Vito Di Noto, Dolores Fregona, Stefano Mammi e Armando Gennaro) si sono avvicendati sul palco per dimostrare quanta chimica c’è intorno a noi, con uno “strip” che ne ha svelato il ruolo nella realizzazione di oggetti utili e familiari: dai pneumatici di una moto al casco per guidarla, dalle batterie del telefonino alle fibre tessili naturali e sintetiche per jeans e t-shirt care ai teen-agers, dall’aspirina alla montatura degli occhiali più trendy. Nel secondo tempo, sono stati presentati i corsi di laurea di area chimica dell’Università di Padova e una panoramica sull’industria chimica in Veneto e sulle opportunità che offre, negli interventi di Antonio De Pace, presidente della sezione chimici di Unindustria Padova, e di Nicola Messina, direttore dei rapporti sindacali di Federchimica.

    LA CHIMICA A PADOVA E IN VENETO. Con 187mila addetti, la chimica occupa il 4,4% degli addetti dell’industria in Italia; rappresenta, con 52 miliardi di euro di produzione annua (di cui 24,5 esportati) l’8,4% del fatturato dell’industria, il 7,8% del valore aggiunto, il 9% degli investimenti.
    Il settore ha un peso di rilievo anche nel sistema produttivo regionale e padovano. Secondo Unioncamere, sono oltre 2.000 le imprese chimiche in Veneto, di cui 1.500 della gomma-materie plastiche, e creano, con 18mila addetti, il 2% del Pil regionale. La chimica veneta rappresenta poi il 7,9% del settore in Italia, e ha garantito oltre 5.400 nuove assunzioni nel 2000.
    A Padova, nel 2001, secondo i dati della Camera di Commercio, sono 521 le imprese chimiche, di cui 343 della gomma-materie plastiche. Un comparto, quest’ultimo, in espansione: il numero di imprese è cresciuto, l’anno scorso, dell’1,8%. E’ un settore dinamico, con tutti gli indici positivi anche in un anno difficile come il 2001, in cui anche il numero degli occupati (oltre 6.500) è lievemente cresciuto (+0,2%).

    L’EMORRAGIA DELLE PROFESSIONALITA’. Nonostante questi numeri, ed altre indicazioni di dinamismo (per l’Istat è di 1,3 miliardi di Euro la spesa in ricerca e sviluppo delle aziende chimiche in Italia, che svolgono per il 65% innovazioni di prodotto e processo, contro il 50% della media italiana), la chimica rischia l’emorragia di figure professionali disponibili, specie di formazione universitaria.
    “Stiamo assistendo con una certa preoccupazione alla riduzione delle ‘vocazioni chimiche’”, spiega Antonio De Pace, presidente della Sezione chimici di Unindustria Padova (65 associati, il 3% del totale). “Nel 2000 gli studenti iscritti al primo anno dei corsi di laurea in Chimica e Chimica industriale, nelle università italiane, sono diminuiti del 60% rispetto al ‘93”.

    L’UNIVERSITÀ, LA SITUAZIONE A PADOVA. I dati sono chiari. In quattro anni, gli iscritti ai corsi di laurea di indirizzo chimico-fisico in Italia sono diminuiti del 17%, dal picco di 11.277 nel 1997, ai 9.338 nel 2001. In particolare, l’anno scorso sono state 310 le matricole in Chimica industriale (-26% rispetto al 2000), 497 quelle in Ingegneria chimica (-28%).
    A Padova la situazione non migliora. Nell’anno accademico 2001-2002, si sono immatricolati al Bo 71 nuovi studenti: 40 a chimica, 31 a chimica industriale. Il punto più basso degli ultimi anni: nel ’97-’98 erano 84 gli immatricolati; 93 nel ‘98-’99; 110 nel ‘99-00, biennio in cui le iscrizioni avevano avuto impulso dall’avvio del nuovo diploma di laurea in chimica. Nel 2000-2001 inversione di tendenza con 87 iscritti, e ulteriore brusco calo quest’anno, anche per effetto della cancellazione del diploma di laurea, con l’avvio del nuovo ordinamento.
    Stessa musica sul fronte dei laureati: 102 i neodottori nel 1999 (80 in chimica, 22 in chimica industriale), 119 nel 2000 (100 e 19), 95 nel 2001 (70 e 25), 30 nelle sessioni svoltesi finora nel 2002. E i laureati usciti dal Bo, unico ateneo in Veneto con corsi di laurea ad indirizzo chimico, servono un bacino regionale (oltre ad un numero di fuori sede).

    I FABBISOGNI PROFESSIONALI. A fronte di questi numeri scarni, l’indagine Excelsior di Unioncamere, che stima il fabbisogno di occupati nei settori produttivi, valutava l’anno scorso in 60 i neolaureati richiesti solo a Padova, su un fabbisogno complessivo di 300 addetti dell'industria chimica.
    “Eppure la chimica è un settore indispensabile”, aggiunge De Pace, “fondamentale per il funzionamento di molti comparti dell’industria, per produrre beni di uso quotidiano e servizi innovativi. Senza un numero sufficiente di laureati, le aziende rischiano di non poter far fronte all’innovazione e alle attività di punta, indispensabili a far crescere un settore strategico per l’economia italiana”.
    Nasce da questo allarme la giornata di orientamento di Unindustria e Federchimica per chi si appresta a scegliere il corso universitario. “La chimica soffre da un lato l’insufficiente spazio che ha nella scuola superiore”, spiega Armando Gennaro, presidente del corso di laurea in Chimica industriale dell’Università di Padova, “e un’immagine negativa come attività poco pulita ed inquinante, quando, al contrario, proprio le competenze chimiche sono preziose ed insostituibili per migliorare l’eco-compatibilità delle produzioni e dello sviluppo”.

    L’IMPEGNO PER L’ECO-COMPATIBILITA’. Anche su questo fronte i dati sono eloquenti. L’industria chimica italiana spende 0.8 miliardi di Euro l’anno in investimenti ambientali, il 2.6% del suo fatturato.
    I dati del 7° rapporto Responsible Care di Federchimica, che valuta la sicurezza e l’ecocompatibilità delle industrie chimiche in Italia, mostrano come in dieci anni, dal 1989 al 2000, le aziende chimiche abbiano ridotto i parametri delle emissioni in acqua ed atmosfera, in media, del 60 e 80%; abbiano ridotto i consumi energetici e d’acqua del 9 e del 5% nel 2000, rispetto al ’98, e aumentato la quota dei rifiuti riciclati al 30% del totale.

    LE OPPORTUNITÀ PER I NEOLAUREATI. Restano le positive opportunità d’impiego per diplomati e laureati in discipline chimiche. “Le indagini più recenti sul destino lavorativo dei nostri laureati mostrano come il 70% abbia un’occupazione stabile a tempo pieno, il 24% a tempo determinato”, aggiunge Gennaro, “e come, per la maggior parte di loro, il tempo necessario a trovare un impiego non superi i tre mesi. Problemi occupazionali, in questo settore, non ce ne sono”.
    Dati che trovano conferme nel trend nazionale, delineato nell’indagine “Università e lavoro” dell’Istat (dicembre 2001), che ha monitorato il destino dei neolaureati. A tre anni dalla laurea svolge un lavoro continuativo l’87% degli ingegneri chimici, il 76% dei chimici industriali, il 63% dei laureati in chimica, il 62% di quelli in chimica e tecnologie farmaceutiche: indicazioni al top della classifica dell’occupazione.
    Non solo: la laurea è un “lasciapassare” reale per un’occupazione di alto livello: solo l’8% degli occupati con una laurea in discipline chimico-farmaceutiche dichiara di svolgere un lavoro per il quale il loro titolo di studio non è necessario.

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